M. M. Ciammaichella, A. Galanti, C. Rossi
U.o.d. Medicina I per l’Urgenza
Azienda Ospedaliera S. Giovanni - Addolorata - Roma, Italia
(Dirigente Medico II livello: Dott. G. Cerqua)
 

LE INTEGRINE

KEYWORDS
Integrine, adesione, comunicazione cellulare

 

 

SOMMARIO

Gli Autori hanno esaminato il sistema integrinico

 

INTRODUZIONE

La capacità delle cellule di aderire ad altre cellule o alla matrice extracellulare riveste un ruolo di importanza critica in diversi processi come l’embriogenesi, lo sviluppo, l’emostasi, l’infiammazione, la risposta immunitaria.

Le proteine della superficie cellulare specificamente coinvolte nell’adesione cellulare vengono oggi classificate in gruppi diversi sulla base di criteri strutturali e funzionali. Tali gruppi sono costituiti da integrine, caderine, selectine e da immunoglobuline.

Tra i diversi gruppi di proteine di adesione il più importante è costituito dalle integrine che partecipano a tutti i processi di adesione cellulare. Le integrine sembrano anche costituire i mediatori primari dell’adesione delle cellule alla matrice extracellulare. Il termine integrine indica il ruolo di queste proteine nell’interazione tra matrice extracellulare e citoscheletro intracellulare. Come proteine transmembrana possono legarsi dal lato esterno della cellula alla matrice extracellulare e dal lato interno a proteine di trasferimento di segnali, comunicando in tal modo i segnali extracellulari all’interno della cellula.

 

STRUTTURA E FUNZIONE DELLE INTEGRINE

Ciascuna integrina è un eterodimero costituito da subunità alfa e beta legate mediante legami non covalenti. La specificità di una determinata integrina nella capacità di legame con ligandi diversi sembra dipendere dalla porzione extracellulare della subunità alfa. Per il corretto funzionamento della integrina sono necessarie entrambe le subunità. Le subunità beta presentano caratteristiche distintive come le ripetizioni tandem di 4 regioni ricche di residui di cisteina essenziali per il mantenimento della struttura tridimensionale della molecola. Ogni tipo di subunità beta può combinarsi con 1-10 tipi diversi di subunità alfa. Sono state complessivamente descritte 20 combinazioni diverse suddivise in sottofamiglie in base alla subunità beta. La sottofamiglia più grande è costituita dalle integrine beta 1 che costituiscono il "very late appearing antige" (VLA). Funzionalmente rappresentano un gruppo di recettori cellulari per proteine della matrice extracellulare come fibronectina, collagene e laminina. Il VLA-4 sarebbe coinvolto nell’adesione di linfociti, eosinofili e monociti. Le integrine beta2 sono un gruppo di eterodimeri in cui la subunità beta 2, nota anche come CD18 risulta accoppiata con una delle 4 subunità alfa denominate CD11a, CD11b, CD11c, CD11d. Sia le subunità alfa che quelle beta presentano un "domain" citoplasmatico piccolo che, tuttavia, incorpora regioni capaci di legarsi a diversi elementi del citoscheletro. Il "domain" extracellulare è molto più ampio. E’ piegato a formare una sorta di ansa, stabilizzata da ponti disolfurici e contiene una regione per il legame con ligandi. L’espressione delle integrine beta è limitata ai leucociti ed i ligandi per le integrine beta 2 sono spesso localizzati sulla superficie delle cellule endoteliali. Tali ligandi sono costituiti da molecole di adesione intercellulare (ICAM1-2) appartenenti alla famiglia delle immunoglobuline. Nel complesso le interazioni tra leucoci e cellule endoteliali verrebbero mediate da diversi tipi di molecole di adesione ciascuno dei quali interverrebbe in fasi distinte della migrazione dei leucociti dalle venule post-capillari. Un’adesione iniziale, reversibile, determina una sorta di rotolamento o "rolling adhesion" dei leucociti lungo la superficie interna della parete vasale. Tale fase è mediata dall’interazione tra selectine e ligandi glicoconiugati. Il rotolamento è essenziale per le fasi successive di attivazione cellulare (fase di adesione stabile e trasmigrazione) che vengono mediate da integrine dei leucociti e dai loro ligandi endoteliali. Le integrine beta 2 partecipano inoltre ad altre funzioni dei leucociti associate ad adesione come fagocitosi, uccisione dei batteri, citotossicità cellulo-mediata. Tra le integrine beta 3 ricordiamo le alfa2b/beta3 (GPIIb/IIIa) che viene espressa esclusivamente su megacariociti e piastrine. Attraverso il legame con ligandi di adesione come il fibrinogeno o il fattore di von-Willebrand, questa integrina riveste un ruolo di importanza cruciale nell’aggregazione piastrinica e nell’emostasi.

Le integrine partecipano sia a meccanismi di segnalazione "in-out" che "out-in" (ved. FIG. 1):

FIG.1: Le vie metaboliche associate alle integrine procedono secondo una delle due direzioni: "in-out" o "out-in". La via "in-out" (immagine superiore) ha termine a livello di un eterodimero integrinico. Nel complesso la via consente ad un segnale extracellulare di indurre una modificazione della conformazione della integrina ponendola in uno stato di attivazione caratterizzato da elevata affinità per il legame con i ligandi. Tale via può influenzare anche il nucleo cellulare. La via "out-in" (immagine inferiore) ha inizio a livello di un’integrina. Tale via consente ad un segnale extracellulare (superficie cellulare) di attivare vie metaboliche intracellulari. Nella figura sono illustrate due possibili conseguenze: il riarrangiamento del citoscheletro cellulare e la secrezione di un segnale solubile.

 

Il meccanismo "in-out" è importante per il reclutamento dei leucociti durante la risposta infiammatoria. In condizioni basali le integrine sono in una conformazione inattiva e mantengono i leucociti in una condizione di non-adesività. L’attivazione dei leucociti da parte di mediatori chemiotattici locali derivati dall’endotelio, genera dei segnali all’interno dei leucociti con modificazioni conformazionali degli eterodimeri integrinici. Tali modificazioni aumentano l’affinità delle integrine per i ligandi ICAM endoteliali ed accentuano l’adesività dei leucociti all’endotelio.

Il meccanismo di segnalazione "out-in" inizia con il legame di un ligando ad una integrina a livello della superficie cellulare con conseguente generazione di segnali biochimici all’interno della cellula. I secondi messaggeri attivati dalle code citoplasmatiche delle integrine comprendono le proteine G e le tirosin-chinasi che a loro volta esercitano induzione della contrazione del citoscheletro e la regolazione dell’espressione genica.

Il sito di riconoscimento per le integrine è costituito da tre aminoacidi (arginina-glicina-acido aspartico o RGD). La conformazione del sito sembra determinare quale integrina si lega al tripeptide RGD

 

ANTICORPI MONOCLONALI

Gli anticorpi monoclonali generati nei confronti di un’integrina o un suo ligando, possono ottenere il blocco completo dell’adesione stabile e della trasmigrazione dei leucociti (ved. TAB. 1)

Il passaggio dei leucociti attraverso la parete vasale è essenziale per un corretto funzionamento dei meccanismi di difesa dell’organismo. Un accumulo eccessivo di leucociti contribuisce al danneggiamento tessutale in condizioni patologiche sia acute (danno da riperfusione post-ischemico) che croniche (artrite reumatoide). D’altro canto un blocco prolungato della capacità di migrazione leucocitaria potrebbe esporre il paziente ad un rischio significativo di infezione, con batteri o con altri patogeni. La terapia antiadesione cellulare va, quindi, considerata un’arma a doppio taglio.

 

KNOCKOUT GENETICO

Tale strategia consiste nella delezione genica, mediante ingegneria genetica, ottenendo animali "knockout", cioè mancanti di un gene per un sistema di integrine (ved. TAB. 2)

Le differenze fenotipiche tra gli animali knockout ed i controlli "wild type" (provenienti dalla stessa cucciolata) vengono attribuite alla delezione del gene in questione. Topi completamente mancanti di CD18 presentano una marcata neutrofilia associata alla quasi completa scomparsa della migrazione dei neutrofili a livello cutanei. In corso di flogosi i neutrofili sono in grado di migrare a livello del peritoneo e dei polmoni confermando il ruolo essenziale delle integrine nella loro migrazione.

Il ruolo delle subunità alfa delle integrine beta2 è stato studiato generando topi mancanti di CD11a (LFA-1) o CD11b (MAC-1) che, a differenza dei topi mancanti di CD18, non manifestano leucocitosi. Studi più approfonditi hanno dimostrato che negli animali con deficit di CD11b vi è un normale rotolamento dei neutrofili ma una compromissione della capacità di adesione stabile. Se a questi animali viene somministrato un anticorpo anti-CD11a la migrazione dei neutrofili a livello del peritoneo infiammato risulta marcatamente ridotta. Tali osservazioni indicano che le integrine responsabili della migrazione transendoteliale dei neutrofili sono la CD11a/CD18 e non la CD11b/CD18. Nei topi con deficit di CD11a l’accumulo di neutrofili in presenza di peritonite risulta ridotto.

ICAM-1 è un importante ligando per le integrine beta-2. E’ interessante osservare come la somministrazione di anticorpi anti-ICAM-1 ad un topo "wild-type" determina inibizione della funzione dei neutrofili più marcata di quella descritta per topi resi knockout per ICAM-1.

 

MALATTIE ASSOCIATE ALLE INTEGRINE

(ved. TAB. 3)

L’esistenza di una relazione tra le integrine beta-2 leucocitarie ed un difetto ereditario della capacità di adesione dei neutrofili deriva dall’osservazione che anticorpi monoclonali contro le catene alfa o beta degli eterodimeri può indurre in vitro alterazioni della chemiotassi e della fagocitosi. La caratteristica clinica più evidente del deficit di adesione leucocitaria di tipo I (leukocyte adhesion deficiency type I o LAD I) è rappresentata dalle infezioni batteriche ricorrenti. Tale alterazione è evidente fin dalla nascita. L’aspetto clinico di rilevanza diagnostica è l’assenza di pus a livello del sito di infezione. I pazienti che sopravvivono oltre l’età infantile sviluppano gravi gengiviti e periodontiti nonché una compromissione della capacità di guarigione di ferite traumatiche o chirurgiche. La diffusione delle infezione si avvantaggia dalla marcata compromissione della mobilizzazione dei leucociti in sede extravasale. Impiegando la microscopia intravitale si è visto come neutrofili ottenuti da un paziente con LAD I e marcati con fluorescenza presentano una normale capacità di adesione con rotolamento su venule infiammate di coniglio. Le cellule, però, non proseguono il processo di adesione mediato dalle beta-2. Se esposti, inoltre, ad uno stimolo chemiotattico i neutrofili non sono in grado di aderire o migrare. La gravità delle infezioni che colpiscono pazienti con LAD I è direttamente correlata alla gravità del difetto di beta-2. Sono stati individuati due fenotipi: grave ed intermedio. La forma grave riguarda pazienti con meno dell’1% della normale espressione di beta-2 alla superficie cellulare. In tali pazienti le infezioni compaiono più precocemente, sono più frequenti e più gravi e spesso conducono al decesso in età infantile. Nei pazienti con espressione di beta-2 compresa tra il 2.5 e il 30% del normale si manifesta il fenotipo di gravità intermedia caratterizzato da minor frequenza di episodi infettivi e sopravvivenza fino all’età adulta. La LAD I viene trasmessa come carattere autosomico recessivo ed il gene responsabile è localizzato all’estremità del braccio lungo del cromosoma 21. I pazienti con la forma intermedia possono trarre beneficio dall’assunzione di antibiotici durante le infezioni acute. Nei pazienti con fenotipo grave l’unico trattamento è rappresentato dal trapianto di midollo.

 

BIBLIOGRAFIA

  1. Carlos TM: Leukocyte - endothelia adhesion molecules. Blood 84:2068, 1994
  2. Etzioni A: Itegrins:the glue of life. Lancet 353-341, 1999
  3. Petruzzelli M:Strucure and function of cell adhesion molecules. Am. J. Med. 106:467,1999
  4. Williams MA:Integrin-mediated signaling in human neutrophil functionig. J. Leukoc. Biol. 65:725,1999