M. M. Ciammaichella, A. Galanti, C. Rossi
U.o.d. Medicina I per l’Urgenza
Azienda Ospedaliera S. Giovanni - Addolorata - Roma, Italia
(Dirigente Medico II livello: Dott. G. Cerqua)
 

LA SINDROME DI KAWASAKI: REVIEW CLINICA

KEYWORDS
Sindrome di Kawasaki, superantigeni, tossine batteriche

 

 

SOMMARIO

Gli Autori hanno effettuato una review clinica della sindrome di Kawasaki

 

INTRODUZIONE

La sindrome di Kawasaki è una malattia febbrile acuta associata ad una vasculite coinvolgente organi diversi. Colpisce neonati e bambini con incidenza più elevata tra i bambini giapponesi di 6-12 anni ed un rapporto maschi/femmine di 1.5/1.

La diagnosi di sindrome di Kawasaki andrebbe presa in considerazione in un bambino con febbre presente da almeno 5 giorni, senza altre cause evidenti, che soddisfa 4 almeno dei seguenti criteri clinici: rash cutanei, congestione congiuntivale, iperemia orofaringea, tumefazione ed eritema degli arti inferiori, linfoadenopatia cervicale.

La febbre è elevata e prolungata e presenta spesso picchi fino a 40°C e perdura per 1-2 settimane in assenza di terapia antiinfiammatoria.

Circa il 90% dei pazienti sviluppa un esantema che interessa il tronco, gli arti superiori o può essere generalizzato. Uno dei segni più precoci è un ‘eruzione perineale che si presenta come eritema diffuso maculare o tipo placca.

Circa il 90% dei pazienti presenta una congestione congiuntivale non essudativa che interessa maggiormente la congiuntiva bulbare rispetto a quella palpebrale. I vasi congiuntivali appaiono congesti e dilatati. Non si osserva pus o croste a livello delle palpebre come avviene nella congiuntivite batterica. Nell’83% dei pazienti nelle prime settimane la congestione congiuntivale risulta associata ad uveite anteriore.

Alterazioni orofaringee sono presenti in quasi tutti i casi. Le labbra appaiono secche e di colore rosso vivo e presentano spesso fissurazioni emorragiche. La lingua può avere un aspetto a fragola per la presenza di papille ipertrofiche con iperemia simile a quella delle infezioni streptococciche. E’ frequente anche un eritema generalizzato dell’orofaringe.

Nella maggior parte dei casi si osserva edema ed arrossamento delle mani e dei piedi. Le aree iperemiche desquamano dopo 10-18 giorni iniziando dalla punta delle dita dei piedi e delle mani sia in modo superficiale che sotto forma di spesse falde di cute palmare e plantare come avviene per la scarlattina.

Nel 50-75% dei casi è presente linfoadenopatia con indurimento, necrosi ed ulcerazioni a livello dei siti cutanei nei quali era stata eseguita precedentemente eseguita una vaccinazione con BCG.

Le altre manifestazioni della sindrome di Kawasaki comprendono artralgie con artrite che interessano 1/3 dei pazienti e durano circa 2 settimane mentre i sintomi articolari possono persistere fino a 3 mesi. Durante la fase acuta l’artrite interessa le piccole articolazioni. L’interessamento delle articolazioni maggiori riguarda la seconda e terza settimana di malattia. Sono frequenti la timpanite e l’uretrite. Può essere presente una meningite asettica associata a lieve pleiocitosi con cellule mononucleate nel liquido cerebrospinale e livelli di glucosio e proteine normali. Si può verificare un’idrope della colecisti associato ad ittero ostruttivo. I segni e sintomi di presentazione possono comprendere anche diarrea, vomito, dolore addominale, paralisi dei nervi cranici, infarti di organi colpiti da trombosi.

Alla fase acuta segue una subacuta della durata di 25 giorni circa caratterizzata da risoluzione di febbre, rash cutanei, linfoadenopatia con persistenza di irritabilità, anoressia, congestione congiuntivale.

La fase di convalescenza ha inizio con la risoluzione dei sintomi clinici e continua fino al ritorno della VES alla normalità, entro 70 giorni dall’inizio della malattia.

 

REPERTI CARDIACI

Durante la prima settimana dall’insorgenza della malattia si può sviluppare una miocardite con versamento pericardico con possibilità di tamponamento, scompenso cardiaco congestizio, risoluzione spontanea.

Alterazioni coronariche compaiono nel 25% dei pazienti non trattati con immunoglobuline entro 10 giorni dall’inizio della della malattia con sviluppo di ectasie ed aneurismi, aritmie cardiache, tachicardia sproporzionata rispetto alla febbre.

In presenza di febbre con meno di 4 criteri diagnostici, la conferma può derivare dall’individuazione di alterazioni coronariche con ecocardiogramma bidimensionale. L’interessamento coronarico è più frequente tra i pazienti di sesso maschile con età inferiore a 6 mesi ma il sospetto deve riguardare qualsiasi bambino con febbre prolungata.

 

ESAMI DIAGNOSTICO-STRUMENTALI E DI LABORATRIO

Durante la prima settimana è presente leucocitosi con neutrofilia. Il paziente ha un aumentato turnover delle piastrine con ipercoagulabilità e trombocitosi durante la prima settimana di febbre. Si osserva un aumento delle transaminasi, bilirubina, fosfatasi alcalina. Nel 75% è presente una piuria sterile. Nella fase precoce vi è aumento della PCR e della alfa-1-antitripsina serica.: tali alterazioni possono persistere per 6-10 settimane. Nel siero possono esser riscontrati anticorpi contro antigeni delle cellule endoteliali o contro la miosina.

In 1/3 dei pazienti sono presenti alterazioni ECGrafiche consistenti in allungamento del PR, IVS, aritmie ventricolari, alterazioni aspecifiche del tratto ST-T.

L’arteriografia coronarica può essere impiegata in pazienti con sintomi di ischemia miocardica

 

ASPETTI IMMUNOLOGICI

Il ruolo dell’attivazione immunitaria nella patogenesi della sindrome di Kawasaki ci viene da studi condotti su campioni di tessuto ottenuti in fase acuta di malattia che hanno mostrato una flogosi vascolare con attivazione immunitaria in vasi sanguigni del distretto coronarico. La lesione vascolare iniziale è associata ad attivazione delle cellule endoteliali con infiltrazione di cellule CD4 e CD8 attive come pure di monociti e macrofagi. Sono stati riscontrati anche livelli serici elevati di TNF alfa, IL-1, IL-6, IL-10, recettore solubile IL-2, il fattore stimolante la formazione di colonie di macrofagi, la selectina-E solubile. Cellule mononucleate del sangue periferico di pazienti con malattia in fase acuta producono spontaneamente livelli elevati di IL-1beta,, TNFalfa, IL-6 ad effetto proinfiammatorio e protrombotico.

In fase acuta sono anche presenti n circolo anticorpi citotossici nei confronti di cellule endoteliali prestimolate con IL-1beta, TNFalfa, gammainterferone.

Studi recenti confermano che i pazienti hanno livelli elevati di autoanticorpi contro la miosina cardiaca che potrebbero essere coinvolti nel danno miocardico della fase acuta.

 

IPOTESI ETIOPATOGENETICHE

L’orientamento attuale è che la sindrome di Kawasaki sia attribuibile ad un agente infettivo poiché le caratteristiche cliniche della fase acuta presentano una sovrapposizione con malattie come la sindrome da shock tossico stafilococcica in cui le tossine batteriche agiscono come superantigeni. A questa categoria appartengono l’enterotossina B stafolococcica (SEB), l’enterotossina C stafilococcica (SEC), la tossina 1 della sindrome da shock tossico (TSST-1) e le esotossine pirogene streptococciche. Legandosi direttamente a residui aminoacidici al di fuori del solco di legame antigenico sulle molecole MHC di classe II, tali sostanze stimolano selettivamente cellule T che esprimono catene specifiche BV del recettore delle cellule T (TCR, T cell receptor) (VEDI fig. 1).

FIG. 1: Le tossine batteriche, come ad esempio l’enterotossina stafilococcica, nella sindrome di Kawasaki, agiscono come superantigeni. Essa, intatta, si lega a residui aminoacidici conservati posti al di fuori del solco di legame antigenico sulle molecole MHC di classe II, determinando la liberazione di citochine proinfiammatorie. La tossina stimola, inoltre, selettivamente le cellule T che esprimono catene BV specifiche del recettore delle cellule T. Altri elementi variabili del TCR (VJalfa e VDJbeta) contribuiscono in misura molto minore al processo di riconoscimento. Antigeni peptidici convenzionali richiedono tutti i 5 elementi variabili del TCR per un riconoscimento ottimale, stimolando, pertanto, una bassa percentuale di cellule T.

 

Diversi sono i meccanismi attraverso i quali un superantigene potrebbe scatenare una risposta immunitaria. Superantigeni secreti a livello di una mucosa infiammata potrebbero coinvolgere HLA-DR o monociti, macrofagi ed altre cellule accessorie, stimolando la produzione di citochine dotate di proprietà proinfiammatorie. In fase acuta è stata osservata un’espansione delle cellule T TCR BV2 ed in minore misura di cellule T TCR BV8 con ritorno alla normalità nella fase di convalescenza.

Nella maggior parte dei pazienti affetti da sindrome di Kawasaki in fase acuta sono stati riscontrati batteri produttori di superantigeni presenti solo in rari casi nei pazienti affetti da altre malattie febbrili. Nella maggior parte dei pazienti con risultati positivi all’esame colturale è stato possibile isolare lo strafilococco aureus produttore di superantigeni in colture di campioni faringei o rettali. Ciò significa che il sito primario di colonizzazione batterica è costituito dalla superficie mucosa del tratto gastrointestinale

 

TRATTAMENTO

Si articola nelle seguenti fasi:

  1. Fase acuta: IG per via endovenosa 2 mg/Kg in singola infusione di 10-12 ore, acido acetilsalicilico 80-100 mg/Kg/die in 4 dosi fino alla 10° giornata
  2. Fase di convalescenza (casi senza complicanze): acido acetilsalicilico 3-5 mg/Kg/die per 6-8 settimane
  3. Interessamento coronarico: acido acetilsalicilico 3-5 mg/Kg/die, dipiridamolo 1 mg/Kg/die in pazienti selezionati, terapia anticoagulante e/o fibrinolitica in caso di trombosi arteriose
  4. Opzioni terapeutiche in cardiopatia ischemica cronica: angioplastica coronarica transluminale, by-pass coronarico, trapianto cardiaco

 

BIBLIOGRAFIA

  1. Burns JC et al.: Intravenous gammaglobulin treatment and retreatment in Kawasaki disease. US/Canadian Kawasaki Sindrome Study Group. Pediatr. Infect Dis. J 17:1144, 1998
  2. Daiani AS et al.: Diagnosis and therapy of Kawasaki disease in children. Circulation 87:1776, 1993
  3. Leung DYM, Lucky AW.: Kawasaki disease. In Dermatology in General Medicine, 4th ed., Fitzpatrick TB et al. (Eds). McGHraw-Hill NY, 1993,pp. 2689-97
  4. Leung DYM: The immunopathogenesis and management of Kawasaki syndrome. Arthritis Rheum. 41:1538, 1998